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08-12-2019 09:04:36 trent'anni della Camera penale di Brescia - venti dell'articolo 111 della Costituzione

Nel convegno che abbiamo organizzato in occasione del trentennale dalla fondazione della Camera penale di Brescia è stato fatto un bilancio sull’attuazione del principio del giusto processo contenuto nell’art. 111 della Carta Costituzionale a vent’anni dalla sua introduzione, con particolare riferimento, come anticipato da Andrea Cavaliere nella sua introduzione, al principio della ragionevole durata del processo, duramente messo sotto attacco dalla riforma della prescrizione.
Con l’organizzazione di questa giornata, ha poi ricordato nel proseguo della sua introduzione, si è voluto manifestare riconoscenza nei confronti di Giuseppe Frigo, che rappresenta il comune denominatore e il filo logico tra il 20ennale del giusto processo, in quanto artefice principale della sua introduzione in Costituzione, e il 30ennale della nostra Camera penale, di cui fu il fondatore nel 1989; aggiungendo, inoltre, che in questo momento storico caratterizzato da una pessima politica giudiziaria orientata verso un diritto penale sempre più punitivo e dal dilagare di una cultura illiberale, il rifarsi alla nostra storia, ai valori su cui si fonda la nostra associazione e all’esempio di grandi avvocati sia fondamentale per portare avanti i nostri principi e continuare a combattere per i diritti dei cittadini e per l’attuazione di un vero giusto processo.
Tutti i presenti sono stati concordi nel considerare il periodo nel quale stiamo vivendo un periodo buio dal punto di vista normativo, “un’epoca tendente all’oscurantismo” l’ha definita il Presidente della Corte d’Appello Dott. Castelli, che ha anche ricordato la necessità di far riflettere i cittadini sulla circostanza che ciascuno di noi potrebbe essere indagato, e poi imputato, e che il rispetto delle garanzie deve spettare a tutti, anche ai peggiori criminali.
L’Avv. Michele Bontempi, moderatore del convegno, ha con forza ricordato come gli avvocati, i docenti e la magistratura debbano fare fronte comune per combattere il populismo dilagante che, inevitabilmente, porta a riforme dannose ed inutili e in direzione opposta rispetto all’attuazione dei principi contenuti nell’art. 111 della Costituzione, come quella della prescrizione.
Lo stesso ha ricordato che un diritto sfornito di sanzione è un non diritto e che, in questo senso, la prescrizione è la sanzione che il nostro ordinamento commina alla violazione del principio di ragionevole durata del processo.
“O tempora, o mores!” con questa locuzione latina ha iniziato il suo intervento il Giudice della Corte Costituzionale, Dott. Zanon, ricordando che troppo spesso la Corte si è trovata a dover colmare le lacune del legislatore con sentenze additive (ha portato ad esempio la recenti sentenze sul fine vita e sull’art 4 bis ordinamento penitenziario). Ha ribadito la necessità che vi sia un legislatore che agisca tempestivamente rispetto alle mutate esigenze della collettività e che non sia la Corte a dover assurgere a tale ruolo e supplire alle mancanze, essendo la stessa chiamata a soddisfare la legittimità della legge rispetto ai principi costituzionali.
Dopo che fu approvata la norma sull’art. 111, ha ricordato, fu chiaro a tutti il fondamento costituzionale del principio dell’imparzialità del giudice. Scriverlo, nonostante alcune sentenze già lo avevano chiarito, ha significato sottolineare che l’imparzialità è una delle caratteristiche preminenti della funzione giurisdizionale. La virtù dell’averlo scritto sta proprio nel fatto che è scritto, perché le interpretazioni giurisprudenziali cambiano, evolvono. Ma se un principio è scritto, questo diventa patrimonio irretrattabile e garanzia di tutti, a differenza della mutevolezza delle interpretazioni giurisprudenziali.
Il Prof. Avv. Manes ha, innanzitutto, chiarito – drammaticamente - come oggi una riforma epocale come quella dell’introduzione dell’art. 111, definita “vittoria della democrazia rappresentativa”, non sarebbe più fattibile e che, nonostante l’introduzione del giusto processo e del principio di legalità, gran parte delle disposizioni ivi contenute sono rimaste inattuate o parzialmente inattuate.
Ha portato ad esempio la chiara inattuazione del principio della riservatezza dell’informazione sulla pendenza del procedimento penale contenuta nel comma terzo, rispetto alla circostanza che la regola è, ormai, apprendere la notizia di una indagine dalla stampa.
Ha definito la riforma della prescrizione “crepusolo della civiltà”, nata su una delle lacune di realizzazione del giusto processo, sulla durata ragionevole del processo; è stata proprio la durata irragionevole dei processi che ha portato alla riforma odierna. Si agisce sul sintomo ma non sulla patologia. Questa idea ha attecchito grazie ad una ulteriore zona d’ombra rispetto alla presunzione di innocenza; pensare ad un processo infinito significa addebitare al soggetto il passaggio del tempo, perché il retropensiero è che quel soggetto sia colpevole.
Il Presidente UCPI, Avv. Caiazza ha evidenziato quali – ancora oggi – sono i problemi connessi alla parziale attuazione dei principi del giusto processo.
Ha evidenziato come un ordinamento che celebri il 90% dei processi con il rito del dibattimento sia destinato ad implodere, sostenendo che andrebbero privilegiate (così peraltro come suggerito al Ministero dall’Unione delle Camere Penali) scelte deflattive come l’ampliamento del giudizio abbreviato condizionato, una vera e concreta depenalizzazione, coinvolgente tutte le ipotesi dei reati contravvenzionali. Ha manifestato l’amarezza rispetto alla totale indifferenza del legislatore a fronte dei suggerimenti offerti da chi con il diritto ci lavora. L’Avv. Caiazza ha altresì spiegato la ratio della maratona oratoria che si terrà la prossima settimana a Roma, in occasione della settimana di astensione proclamata “se l’opinione pubblica fosse correttamente informata sulla riforma della prescrizione, sarebbe difficile trovare qualcuno di favorevole”. Alla fine di questi lavori, al termine di un convegno molto “vivace”, ci restano molte preoccupazioni per il futuro delle garanzie e dei diritti fondamentali, ma almeno una certezza: aver fatto scolpire i principi del “giusto processo” nella nostra Costituzione deve rappresentare oggi, a vent’anni da quello storico momento, l’occasione per rivendicare proprio questi principi nella battaglia per la salvaguardia delle conquiste di civiltà che faticosamente sono state raggiunte in tempi passati e che oggi risultano in pericolo.
E, sul versante dell’avvocatura, il merito di questa importante conquista (il “giusto processo” in Costituzione) è nel ruolo decisivo della tenace e intelligente azione politica della giunta dell’Unione delle Camere Penali presieduta da Giuseppe Frigo.
Per chi non ha potuto assistere ai lavori del convegno è disponibile sul sito di radio radicale, cliccando sul pulsante "Approfondisci", la videoregistrazione integrale.